La Versilia d'estate. File di
ombrelloni a perdita d'occhio, placidi corpi unti sotto il sole e bambini
vociferanti. Questa, come il 90% delle coste sabbiose italiane, un tempo era un
ecosistema sabbioso con dune, ricco di piante ed animali selvatici affascinanti.
Sono stati fatti sgomberare svariati decenni fa per far posto all'industria
dell'abbronzatura coatta. L'unico tratto salvato dal cemento, di enorme
importanza oggigiorno, è la cosiddetta spiaggia di Lecciona, tra Viareggio e
Marina di Vecchiano: peccato sia diventata, la terra di nessuno, trasandata e costellata
di rifiuti...
Mentre a Tonfano, o Marina di
Pietrasanta, qualche mente illuminata aveva pensato di riabilitare pochi metri
quadri di ambiente dunale ai lati della nuova meraviglia cementizia - un
pontile - per scopi educativi, cioè per mostrare alla gente che tipo di
vegetazione ci sarebbe normalmente al posto di aiole con prati all'inglese e
pitosfori olezzanti. L'idea era buona ma la vista di questo minuscolo lembo di
vegetazione nativa, soffocata tra il cemento ed i rifiuti, provoca un certo
magone... Questo è più o meno il rapporto che oggi abbiamo, in Italia come
altrove, con la natura selvaggia - la cosiddetta "wilderness" di
thoreau-iana memoria.
Nel torpore ventilato di un meriggio
di fine agosto 2010, dunque, file di bagnanti prendono il solo in batteria,
mentre la battigia è invasa da un intrico di bipedi flaccidi in ogni direzione
- ricordano quelle colonie di mammiferi marini che si vedono nei documentari,
foche o leoni marini, che si concentrano pigramente in certi tratti di costa di
paesi lontani.
Ecco che senza preavviso, in
questo scenario scontato, prevedibile, accuratamente regimentato, irrompe
l'imprevisto, lo stupore, la meraviglia: una megattera, una balena con la sua
silhouette improbabile e inconfondibile, salta fuori dall'acqua a trecento
metri dalla riva, sollevando una mole inconcepibile di spruzzi nell'aria mentre
si lascia cadere a peso morto nell'acqua con le sue 40 tonnellate di peso...
"Balena, balena!!" cominciano a udirsi grida da tutte le direzioni...
Sembra un film, tutta la gente
sul bagno-asciuga a scrutare il mare, attonita per l'irruzione della natura
selvaggia in questo scenario familiare e addomesticato. I bambini urlano di
gioia ed emozione, gli adulti, con lo sguardo fisso al mare fremono scossi
inconsciamente da sensazioni ataviche...
Purtroppo poche persone sono al corrente
di cosa sia la natura selvaggia, la wilderness appunto - e del tesoro di
biodiversità che essa contiene o conterrebbe, senza l'intervento umano.
Biodiversità, uno dei termini più inflazionati dell'ultimo decennio, ma anche
uno dei meno conosciuti. Pochi infatti sanno che il pianeta sta vivendo una
sesta estinzione di massa di animali e piante - e che noi occidentali, con il
nostro stile di vita consumista, più o meno consapevolmente, ne siamo i diretti
committenti, sia a livello locale che planetario, grazie all'invenzione del
mercato globale.
Ed ecco la gente nei ristoranti della
costa che non sembra cosciente o curarsi del fatto che mangiare pesce
"fresco" oggigiorno significa sostenere attivamente la distruzione
degli ecosistemi marini del pianeta. Un esempio su tutti, la pesca al tonno -
che in Mediterraneo nel frattempo è quasi sparito! -, che produce come
"effetti collaterali" l'uccisione inutile di un numero enorme di
altri animali marini appartenenti ad almeno 45 specie - tra cui la nostra
splendida megattera insieme ad altre specie di balene, delfini, tartarughe, albatros,
cavallucci marini etc.
Gli oceani potrebbero ben presto diventare
dei deserti ecologici come gli arenili della Versilia, senza che noi ce ne
rendiamo minimamente conto né tantomeno ce ne sentiamo responsabili... Anzi, potremmo
anche pensare di essere dei veri amanti degli animali, solo perché portiamo un
cane al guinzaglio o abbiamo un gatto a casa...
Ma la wilderness, la natura "selvaggia"
è solo quella ancora integra e non addomesticata, non dipendente dall'uomo, con
ecosistemi ancora capaci di auto-sostenersi, tramite l'interazione continua di
specie di animali e piante selvatiche. La biodiversità che anima la natura
selvaggia altro non è che un incredibile caleidoscopio di forme, colori e
movimenti che si intrecciano di fronte ai nostri sensi; mille stratagemmi di
sopravvivenza, dai quali spesso traiamo preziose indicazioni su come curare le
nostre malattie più gravi. Ecosistemi naturali dai quali sia le società umane
tradizionali che quelle industrializzate ancora dipendono per le loro risorse
naturali. E quindi, gli animali sono anche e soprattutto quelli selvaggi, che
ancora riescono a sopravvivere autonomamente, come il leviatano avvistato in
Versilia - non solo cani, gatti e canarini!
E' la loro visione inaspettata
che ci ispira e tocca corde emotive profonde. Perché questo? Dovremmo innanzitutto
domandarci perché i bambini sono attratti dalla natura e dagli animali in modo
del tutto spontaneo. Si chiama "biophilia" - termine coniato da E.O.
Wilson, famoso entomologo di Harvard - questo afflato verso tutte le altre
creature viventi. La risposta più scontata appare quindi che anche noi siamo
appartenuti a questa grande famiglia per milioni di anni, anche noi siamo parte
della natura selvaggia, e solo recentemente ce ne siamo andati distaccando -
con presunzione, arroganza, miopia... Ma sentirsi parte del mondo naturale è
ancora inebriante per Homo sapiens -
ed è anzi ancora una componente imprescindibile dell'essere uomo e della psiche
umana, secondo alcune recenti teorie.
D'altra parte, siamo arrivati al
punto che oggi un bambino potrebbe benissimo pensare che natura sia il giardino
del suo quartiere o un parco cittadino, o la campagna intorno alla città. Ma la
vera wilderness non sono questi ambienti verdi coltivati e banalizzati
dall'uomo, con una biodiversità bassissima e magari dominata da specie aliene, originarie
dell'altra parte del globo; la vera wilderness sono quei luoghi in cui ancora
ci si può stupire e meravigliare dall'incontro inaspettato con animali e
piante, dall'osservazione di comportamenti ed interazioni.
Sono questi gli ultimi serbatoi
di ispirazione e stupore, dal valore inestimabile, dove eventi ricchi di
significato si svolgono di fronte ai nostri sensi.
Lo stupore, che è il punto di
partenza del pensare, non è né sconcerto, né sorpresa, né perplessità: è uno
stupore che ammira... ebbe a dire la filosofa e storica tedesca Hanna Arendt. Un
bambino con la possibilità di un contatto con la natura, rispetto ad uno che
vive nella giungla di cemento urbana, ha a disposizione infinite opportunità di
stimolazione ed ispirazione, di crescita interiore - come sosteneva C.G. Jung,
che visse una infanzia felice a contatto con la natura sulle montagne svizzere.
Questa megattera in Versilia con
le sue affascinanti e maestose evoluzioni aeree, è un evento più unico che raro.
Non solo perché avvistare una balena dalla spiaggia in Versilia è appunto un
evento rarissimo - un bagnino diceva che non ne aveva mai vista una durante
tutta la sua vita. Ma é proprio la megattera che rappresenta una specie
totalmente occasionale e, per così dire, fuor di luogo in Mediterraneo, essendo
essa una specie oceanica. Vale la pena ricordare che la megattera è una delle
specie di balena più affascinanti: quella che salta frequentemente fuori
dall'acqua con tutta la sua mole e che emette le suggestive e arcane sinfonie
sottomarine, ancora indecifrate dall'uomo.
E' bene non farsi illusioni su
questo avvistamento un po' delirante: questa "comparsata" deve essere
considerata più come un canto del cigno della wilderness, che come una
indicazione che il mare stia ancora bene. E' invece una dolente realtà il fatto
che il mare stia ormai agonizzando, ai quattro angoli del pianeta, a causa
dell'azione combinata del saccheggio perpetuato dalla pesca industriale e
dell'inquinamento di natura antropica, a cui recentemente sono andati
sommandosi gravemente gli effetti del cambiamento climatico.
Ci domandiamo quindi se la nostra
megattera, riuscirà a schivare i mille traghetti, petroliere e yacths di vacanzieri
che solcano i nostri mari. Se riuscirà a non rimanere avvelenata dagli scarichi
tossici dei nostri fiumi o se troverà ancora di cosa nutrirsi nei nostri mari
depauperati di vita. O se riuscirà a non rimanere impigliata nelle reti
flottanti, o "reti derivanti", lunghe centinaia di Km lasciate per
giorni in mare aperto per catturare gli ultimi tonni del Mediterraneo.
Certo oggi abbiamo maggiore
conoscenza ed educazione e quindi una migliorata capacità di fare caso a certe
cose: solo 30 anni fa un padre, alla domanda del figlioletto se fosse possibile
avvistare balene dal molo di Viareggio lo avrebbe certamente deluso
rispondendogli di no - perché in effetti allora questo si credeva. Ma al
contempo durante le ultime decadi le occasioni di incontro di animali
interessanti si sono rarefatte infinitamente. Certo le specie più comuni e
opportuniste sono più facili a vedersi di 30 anni fa (cavedani e muggini, gabbiani
reali, aironi, storni, ratti etc.); ma quelle più specializzate, delicate e
rare stanno scomparendo ineluttabilmente ed a ritmi vertiginosi. I biologi
chiamano quella attuale la sesta estinzione di massa, che segue alla quinta,
quella dei dinosauri avvenuta 65 milioni di anni fa. Pochi sono i dubbi circa la
causa di quest'ultima estinzione di massa: Homo
sapiens e la sua fame di risorse.
La megattera della Versilia
piuttosto rappresenta una occasione per riflettere sul valore della wilderness
per noi esseri umani del secondo millennio, da un punto di vista non solo
economico - ci dimentichiamo troppo spesso che buona parte della nostra
economia si basa ancora largamente sulle risorse naturali, e che non ha alcun
senso istituire separatamente un ministero dell'economia e uno dell'ambiente -,
ma anche da un punto di vista spirituale, estetico e psicologico. Probabilmente
siamo l'ultima generazione che si può ancora porre questo interrogativo - e
incantarsi con visioni e suggestioni tipo queste inaspettate, e quindi tanto
più preziose, regalateci dal passaggio della megattera agostana.
L'interrogativo da porsi è: possiamo
davvero fare a meno della natura selvaggia, con tutta questa leggerezza? Dovremmo
rifletterci davvero e prendere una posizione chiara. L'economia di mercato ha
già ampiamente dimostrato di essere un esercizio ingannevole in quanto i suoi
bilanci sono ampiamente falsati - non si tiene mai conto dei colossali danni
ambientali collaterali, spesso nascosti e dilazionati nel tempo, che vengono poi
ereditati e pagati dalla collettività presente e dalle generazioni future -
vedi l'ultimo disastro causato da British Petroleum. Senza contare che non
tutto è monetizzabile nelle nostre vite, come vorrebbero propinarci questa vera
e propria specie invasiva che sono gli economisti - almeno quelli di vecchia
generazione, che però, ahimè, ancora dominano largamente.
Il padre delle cosiddetta "ecologia
profonda" (deep ecology), il filosofo norvegese Arne Naess, ricorda di un
acceso dibattito che ebbe luogo alcuni decenni fa in Norvegia tra gli abitanti
di un fiordo e il governo centrale. Oggetto del contendere: la costruzione di
una diga con conseguenti effetti disastrosi su tutto l'ecosistema del fiordo.
Durante una riunione, un ministro chiese con franchezza, quale valore monetario
la popolazione attribuisse al danno ecologico (irreversibile) che la diga
avrebbe prodotto - in modo da poter "quantificare" (termine tanto
caro ad ingegneri ed economisti, ndr) una qualche forma di indennizzo. Un
anziano si alzò e rispose, placidamente: quanti soldi richiederebbe lei per acconsentire
di farsi tagliare un braccio?
Tonfano, Agosto 2010
Tonfano, Agosto 2010
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